13.06.2018 – IL LIMITE ITALIANO AI SUB-APPALTI ALL’ESAME DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

Anche il Consiglio di Stato, dopo il Tar Lombardia, chiede alla Corte di Giustizia Ue, con l’ordinanza n. 3553/2018, di pronunciarsi sulle limitazioni italiane in materia di subappalti. Il rischio che i vincoli previsti dal nostro sistema vadano contro i principi di libera concorrenza, per i giudici amministrativi, esiste e va analizzato. Prima di andare nel merito di qualsiasi controversia in materia, allora, è necessario che arrivi un pronunciamento della Corte Ue, che scandagli la questione alla luce della nuova direttiva 2014/24/Ue.

Il caso
Il problema in esame è quello, molto dibattuto, delle limitazioni quantitative al subappalto, introdotte per la prima volta nel nostro ordinamento nel 1990: il motivo del limite è che questo strumento, nel nostro paese, poteva prestarsi «ad essere utilizzato fraudolentemente, per eludere le regole di gara e acquisire commesse pubbliche indebitamente, nell’ambito di contesti criminali», come spiega il Consiglio di Stato. C’erano, insomma, ragioni di sicurezza e ordina pubblico. Questa limitazione, allora, è stata riconfermata nel corso degli anni, fino ad arrivare al codice appalti del 2016 (Dlgs 50/2016), dove è regolata all’articolo 105.
Adesso, però, il sistema è sotto esame, dal momento che, nella sua ultima versione, è stato previsto un nuovo limite: il subappalto, infatti, non può sfondare il tetto del 30% dell’importo totale dei lavori, dei servizi o delle forniture. Un limite che potrebbe essere contrario ai principi che, nell’ordinamento europeo, tutelano la concorrenza, come la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi.

Il problema nel nuovo codice
Una questione in questo senso è stata proposta, qualche settimana fa, dal Tar Lombardia, con l’ordinanza 148 del 19 gennaio scorso. Adesso il Consiglio di Stato conferma nuovamente il problema e rimette alla Corte di Giustizia Ue un quesito sulla compatibilità del sistema italiano con le regole europee: il riferimento è all’assetto del vecchio codice (Dlgs 163/2006) ma il problema si ripropone, di fatto, anche per il nuovo decreto, come spiegato in dettaglio dai giudici nella loro ordinanza. Le norme comunitarie più recenti, infatti, non contemplano «alcun limite quantitativo al subappalto», anche se consentono «l’introduzione di previsioni più restrittive sotto diversi aspetti».
La questione – va detto – è parecchio in bilico, come spiega lo stesso Consiglio di Stato. Se, infatti, i giudici amministrativi pongono adesso dubbi sulla compatibilità delle norme italiane con le regole europee, un recente parere dello stesso Consiglio di Stato spiega che «la complessiva disciplina delle nuove direttive, più attente, in tema di subappalto, ai temi della trasparenza e della tutela del lavoro, in una con l’ulteriore obiettivo, complessivamente perseguito dalle direttive, della tutela delle micro, piccole e medie imprese, può indurre alla ragionevole interpretazione che le limitazioni quantitative al subappalto, previste dal legislatore nazionale, non sono in frontale contrasto con il diritto europeo». Una pronuncia della Corte di Giustizia, insomma, è necessaria a chiarire i dubbi.