27.09.18 – CONSORZI RIFIUTI: COSTI SERVIZIO E TARIFFA – CRITERI DIVERSI

Ragioni di efficienza, universalità ed economicità obbligano i piccoli Comuni ad aderire ai Consorzi di bacino per la gestione aggregata del servizio di raccolta dei rifiuti, ricadendo sugli organi consortili la facoltà discrezionale di ripartire i costi effettivi del servizio tra le diverse municipalità, tenendo conto delle diverse modalità di raccolta e del bacino di utenza, ma secondo criteri diversi da quelli che, per legge, le amministrazioni locali devono seguire nella fissazione della tariffa comunale e nella suddivisione degli oneri sulle singole utenze domestiche e non domestiche.

Tribunale regionale
Così ha deciso il Tar Piemonte, Sezione I, con la sentenza n. 1001/2018, chiarendo che se i piccoli Comuni devono obbligatoriamente aderire ai Consorzi di bacino per la raccolta dei rifiuti, per esigenze di efficienza ed economicità del servizio, gli stessi non possono contestare le modalità deliberate a livello consortile di ripartizione dei «costi» dell’appalto unico del servizio tra i diversi Comuni, che non rispondono ai medesimi criteri di legge per la determinazione della «tariffa» dei rifiuti, di competenza comunale.
Il Tribunale torinese ha così respinto le doglianze di un piccolo Comune di poco più di 700 abitanti, contro le deliberazioni dell’assemblea del Consorzio ambientale per l’approvazione e ripartizione pro quota dei costi del contratto di appalto unico del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani tra i diversi Comuni aderenti, lamentando la disparità di trattamento rispetto a municipalità delle stesse dimensioni e un carico eccessivo degli oneri rispetto a quelli più popolosi, in violazione dei principi fissati dall’articolo 178 del Dlgs n. 152 del 2006 in materia di rifiuti, in particolare del principio «chi inquina paga», e delle norme sulla fissazione della tariffa comunale sui rifiuti.

Tariffa rifiuti
Come ricordato dai giudici amministrativi, in applicazione dei principi in materia di gestione dei rifiuti fissati dal Codice dell’Ambiente, la competenza a stabilire la tariffa del servizio dei rifiuti per ciascuna tipologia di utenza, ai sensi del Dpr n. 158 del 1999, recante norme per la «elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani», spetta agli Enti locali, così da coprire tutti i costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani, proporzionalmente alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, ma, nel caso dei Consorzi di bacino, sulla scorta del piano finanziario predisposto dal gestore del servizio ed approvato da ciascun Comune consorziato.
Il piano finanziario del servizio, rileva la sentenza, deve tenere conto di tutti i costi di gestione del servizio, ovvero raccolta, trasporto, smaltimento dei rifiuti, oltre ai costi «comuni», come quelli amministrativi legati alle normali attività di accertamento, riscossione e contenzioso, quelli per il personale, quelli generali per studi o consulenze, che successivamente, tenendo conto della ripartizione tra costi «fissi», legati alle componenti essenziali del servizio, e costi «variabili», in funzione dei quantitativi di rifiuti prodotti, che vengono poi ripartiti dall’amministrazione comunale, secondo il metodo tariffario, tra le diverse tipologie di utenze servite.

Costi consortili
Alla luce della ricostruzione normativa sulla competenza e criteri per la determinazione della tariffa comunale, i giudici amministrativi rilevano che la quantificazione e ripartizione dei costi a livello consortile operano su un piano diverso, a monte, restando nella discrezionalità dell’assemblea del Consorzio, partendo dal piano finanziario previsto dall’assegnatario dell’appalto unico del servizio rifiuti, non prevedendo alcuna norma il diretto riferimento alla percentuale di raccolta differenziata di ciascun Comune o alla quantità e qualità di rifiuti raccolti, né il numero e tipologia di utenze, come previsto per la determinazione tariffaria.
Il Consorzio, partendo dal costo diretto e complessivo del servizio, provvede, con deliberazione discrezionale dell’assemblea, purché logica e non discriminatoria, a ripartire tra tutti i Comuni aderenti gli oneri finanziari, anche cercando di ottenere un equilibrio tra situazioni del tutto differenti, influendo le dimensioni territoriali delle municipalità, il profilo orografico, la tipologia di servizio di raccolta e di utenze servite.

Criteri di riparto
A differenza delle censure avanzate dall’amministrazione ricorrente, rileva la sentenza, ai fini del riparto dei costi, le delibere impugnate non si fondano su criteri dimensionali dei Comuni serviti, avendo invece il Consorzio soppesato le concrete modalità di raccolta dei rifiuti e di espletamento del servizio, valutando la tipologia di raccolta integrata domiciliare e il numero di passaggio dei mezzi, fornendo adeguata e ragionevole esposizione dei criteri in merito alla determinazione differenziata, per ciascun Comune, dei costi di utilizzo dei mezzi, del personale, della raccolta dei diversi materiali, come carta e cartone e delle voci di costo diretto del servizio complessivo.

Gestione consortile
In conclusione, ritenendo legittime e adeguatamente motivate le determinazioni discrezionali operati dagli organi consortili, il Tar conferma altresì la legittimità della normativa regionale del Piemonte che, relativamente al servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, ne dispone l’obbligatoria suddivisione in ambiti territoriali ottimali, in ottemperanza alle disposizioni del Dlgs. n. 267/2000 che, in caso di rilevante interesse pubblico, prevede proprio la costituzione di consorzi obbligatori per l’esercizio di determinate funzioni e servizi, così assicurando lo svolgimento coordinato, efficiente ed efficace del servizio in favore dei Comuni dello stesso ambito territoriale, attraverso l’affidamento unitario a livello consortile, a tariffe uniformi e con qualità del servizio comparabile, tenendo conto delle particolarità locali e del numero e tipologia di utenti, secondo i principi comunitari di universalità, continuità e parità.