LA RIFORMA DELLE PARTECIPATE ORA «SALVA» LE SOCIETÀ CONSORTILI

LA RIFORMA DELLE PARTECIPATE ORA «SALVA» LE SOCIETÀ CONSORTILI

Il Testo unico sulle società partecipate varato dal consiglio dei ministri e inviato alle Camere per l’ultimo passaggio prima dell’adozione presenta alcune importanti novità. 
Le società consortili 
Tra queste spicca l’articolo 3, comma 1, in base al quale le Pa possono partecipare solo a società costituite nella forma di Spa e Srl, ma «anche consortili»; mentre l’articolo 2, lettera l), continua a precisare che – ai fini del Testo unico – per società si intendono soltanto «gli organismi di cui al titolo V del libro V del codice civile». La modifica incide sull’ambito definitorio e applicativo della riforma. 
La versione originaria, infatti, lasciava intendere che gli organismi non rientranti nella definizione di società indicata dall’articolo 2, lettera l) – società consortili, cooperative, mutue assicuratrici (estranee al titolo V, libro V del codice civile) – dovessero considerarsi non tenute all’applicazione del Testo unico e quindi escluse dai vincoli (primo tra tutti i limiti per le Pa di parteciparvi). 
Alla luce della modifica, è più ragionevole sostenere che per le amministrazioni è vietato partecipare a società cooperative e mutue assicuratrici, visto che il legislatore, dove ha voluto consentire la partecipazione pubblica a forme ulteriori rispetto a quelle considerate al libro V, titolo V, lo ha espressamente previsto (appunto all’articolo 3, comma 1); interpretazione che si lascia preferire anche perché poggia su una lettura sistematica del Testo unico (e non sul mero dato letterale) ed è più aderente alla ratio dell’intera normativa, rinvenibile – tra l’altro – nella dichiarata volontà del legislatore di individuare (in positivo) le società cui è ammessa la partecipazione pubblica.
Le società in house 
Altra novità di rilievo riguarda l’articolo 4, comma 4: le società in house hanno a oggetto sociale esclusivo «una o più» delle attività indicate alle lettere a), b), d) ed e) del comma 2. Per questo le in house possono cumulare la gestione di servizi pubblici locali a rilevanza economica (oggi assorbiti dalla nozione di «servizi di interesse economico generale»), con la gestione di servizi strumentali (articolo 4, comma 2, lettera d). 
Il legislatore pare quindi aver voluto rimuovere l’incompatibilità connessa all’articolo 13 del decreto Bersani (Dl 223/2006) – che il Testo unico nel contempo abroga all’articolo 28, lettera d) – a suo tempo introdotta per evitare che le società strumentali si avvantaggiassero sul mercato dei servizi locali grazie alla loro posizione privilegiata. 
Sempre all’articolo 4, poi, è introdotto (comma 5) il divieto per gli enti locali – salve diverse previsioni di legge regionale – di costituire nuove società strumentali (o acquisire partecipazioni in queste società) a meno che si tratti di holding. 
È snellito, inoltre, il procedimento in caso di costituzione di società o di acquisizione di partecipazioni da parte di Pa: l’atto deliberativo che l’amministrazione deve assumere a monte continua a dover essere inviato alla Corte dei conti, ma solo a fini conoscitivi; mentre non è più previsto che la magistratura contabile formuli entro 30 giorni un rilievo preventivo sulle motivazioni dell’operazione e la sua coerenza rispetto alle disposizioni del testo unico (articolo 5, comma 1) o possa chiedere chiarimenti all’amministrazione deliberante.